Giuse The Lizia, al termine della sua esibizione al SuperAurora l’aveva detto “tornerò a Roma presto e sarà fighissimo”. Ecco, devo dire che l’ha fatto davvero, ma con alcune differenze: un nuovo all’album all’attivo “INTERNET ” e un sold out consolidato un po’ in tutte le date del tour. In tutti questi cambiamenti però c’è sempre una certezza: ha spaccato tutto, anche il suo ginocchio sinistro, ma tranquilli – ora è tutto ok.
Ad accogliere Giuse, in una Roma stranamente fredda, c’è il suo pubblico che fin dalle prime ore del pomeriggio si è accomodato all’esterno di Largo Venue per accaparrarsi un posto in transenna e poter ammirare la follia di un giovane che la musica non solo la fa, ma soprattutto la vive e respira.
Un ragazzo che al suo pubblico dona tutto, tutto quello che può da un palco, tanto da prestarsi al scattare BeReal o al partecipare a siparietti divertenti – con tanto di reggiseni – sul significato di “Lato A – Lato B”.
Giuse canta, urla, balla, salta sul palco e incita il pubblico a far lo stesso, ma “con moderazione raga, state attenti”. Ci trasporta tra i suoi sogni, i suoi giorni no. Tra la mancanza di Palermo, della mamma e quella voglia di crescere in fretta dopo il diploma per poi ritrovarsi, “tra le vie del centro” senza una “Direzione”. Lui ancora non l’ha trovata e probabilmente neanche io che sono un po’ più grande di lui.
Sono stati tanti i momenti in cui ho smesso di cantare, a squarciagola, e mi sono messa ad osservarlo. Un ragazzo con la faccia pulita, il classico bolognese (ma solo d’adozione) che fa musica per necessità e questa necessità arriva diretta. E si capisce dal suo pubblico. Lo stesso con cui interagisce a cui manda baci, scatta foto, e che lo fa emozionare per quanto forte riuscisse a cantare. Talmente forte da far tremare le pareti di Largo Venue.
Da “Baby” a “Radical“, passando per due momenti cover, “Manzarek” dei Canova e “505” degli Artic Monkeys, passando per “Riprova Domani” che introduce con un coraggioso messaggio: Palestina Libera. Il viaggio prosegue tra le note di “Flash Flash“,”Lato A Lato B” e “One More Time” dove Giuse non trattiene l’emozione: “sto per piangere raga”.
Quest’altalena di emozioni si chiude sulle note di “Radical”, in un bis che tutti noi desideravamo, “Diretta Rai” e “Boy, don’t cry”. Giuse ci saluta così, pogando sul palco e osservando “la sua gente” divertirsi e spingersi uno sull’altro. E tra un “anche se hai il culo formidabile, non vali tutte le mie lacrime” la mente va all’ennesimo stronzo.
Ed è salutando Giuse e guardando la sala svuotarsi lentamente, che mi sorge una domanda. “Ma perchè continuo ad andare ai concerti?”, beh la risposta è facile. Per questo: per quegli abbracci sinceri, per il cuore a duemila battiti al minuto, per le lacrime e per urlare a tutti quanto sono stronzi.
Perciò grazie Giuse per avermi permesso di urlare quel vaffanculo che avevo bloccato da un po’, speriamo che Roma ti abbia dato la giusta direzione.