Con “Comuni Mortali” Achille Lauro firma la sua opera più umana, vulnerabile e autentica. Dopo anni di luci accecanti e provocazioni sceniche, decide di spegnere i riflettori e restare solo. Nudo nelle sue emozioni, di fronte a chi lo ascolta e davanti alla sua casa: Roma. Quest’album pulsa di emozioni crude. Tutto affiora come una ferita aperta e insieme guarisce, invitando l’ascoltatore a riconoscersi in ogni parola, in ogni sospiro, guidandolo con le note in una stellata notte romana.
Lauro abbandona la sovrastruttura della performance e si riappropria della parola. I brani vivono di riferimenti alla Città Eterna, a quell’amore viscerale che si prova – forse – solo una volta, al sacro e al profano, come un mosaico di memorie. La sua voce ci tiene per mano mentre attraversiamo vicoli di Roma, stanze di casa, strade di periferia e vecchie fotografie. In questo abbraccio sonoro, ogni nota diventa un battito di vita ormai andato, fragile e potente al tempo stesso.
“Comuni Mortali” è, anche nel titolo, una dichiarazione di umiltà: l’artista che un tempo si ergeva a divo irraggiungibile si ricolloca tra gli uomini. Lauro torna ad essere un “comune mortale” accettando la propria fragilità. Un atto che dimostra anche con il suo riavvicinamento reale con il suo pubblico. Qui non si cerca più l’applauso a tutti i costi, ma si brama la sincerità. È un album che non ascolti distrattamente, ma uno che porti con te, ti scuote e ti coccola nello stesso respiro.
Non è un disco immediato, non offre scorciatoie. Va esplorato con calma, con empatia, lasciandosi catturare dagli arrangiamenti essenziali e dalle parole che, come lettere perdute, raccontano amori finiti e rinati, ribellioni sotterranee e riti di rinascita. In questo diario a musica aperto, Lauro non si reinventa: si rivela. E in quella rivelazione, trova la sua più grande forza che, a suo modo, dona a tutti noi.
Perdutamente
L’intro dell’album è affidato a “Perdutamente”, un brano che racconta l’amore. Quello che ci aveva già presentato con “Amore Disperato” e “Incoscienti Giovani”. Quello che arriva e ti trascina via, nella bolla delle cose belle. Una sensazione così forte e potente che Lauro descrive come un impatto di un meteorite ed è effettivamente così: l’amore, quando arriva, è così travolgente da portare via tutto il male.
E se bastasse una notte, sì, per farci sparire
Cancellarci in un lampo come un meteorite
Sì, godersi l’impatto e non ci importa la fine
Se si incendia lo spazio, amore, abbassa il tettino
Perdutamente, siamo in mare aperto
Perdutamente, è già mattino presto
La fotografia è chiara: due ragazzi che si perdono, reciprocamente, nella fiamma ardente che è l’amore. “Perdutamente” è quella carezza sul viso che Lauro ci regala, un racconto sincero della vita di tutti i giorni. Una ballata intensa e sofferta che accompagna la voce carica di pathos di un uomo innamorato.
Amor
La dedica di Achille Lauro alla sua città, Roma. Lei così immensa, immortale ed eterna e noi che davanti al suo cospetto siamo così piccoli, fragili e indifesi. Il brano è una ballata struggente dedicata alla Città Eterna, non solo come città, ma come simbolo di amore, memoria e salvezza. Lauro canta con voce sofferta e sincera, lasciando trasparire un profondo senso di solitudine e desiderio di appartenenza.
Dimmi cosa resterà se mando tutto in fumo adesso
Questa notte è l’ultima per noi
Qui sotto un cielo immenso
Sarebbe facile amare se conoscessi la cura
Abbracciami Roma, prima di addormentarci stasera
Il testo è poetico, quasi sussurrato, pieno di immagini che evocano notti senza sonno, abbracci mancati e parole che non bastano mai. Roma diventa una presenza viva, quasi un’amante, che consola e accoglie, anche quando tutto il resto crolla. “Amor” è forse il brano più emozionante di questo nuovo progetto di Achille Lauro, un cerchio perfetto che apre una nuova fase più introspettiva, più romantica, più vera. Sentirla live, per la prima volta, in Piazza San Giovanni poi è stata poesia pura, un regalo immenso alla città che ci ha dato i natali.
Dannata San Francisco
Da Roma si vola negli States, dove il disco è stato effettivamente completato. Con questo brano ci ritroviamo di colpo su una cabrio verde nella Route 66 pronti per un viaggio che ha il sapore di un addio. La velocità viene scandita dal battito dei cuori, da quella voglia che subentra dopo un bacio “così forte”.
Cosa c’è
E per stare con te cinque minuti
Questa notte, sì, mi compro casa
È un bacio così forte, così forte, così forte
Ci sentiremo in strada
Moriremo veloci, scoperemo quelle stelle
Non tornerò a casa
Ecco con questo brano Lauro ci porta nel suo eccesso, nella follia del volersi vivere un momento: senza regole, senza freni, senza un “a domani” ad aspettarlo, ma è anche il racconto dell’ incontro con il sogno americano. Quel sogno che si trasforma in un’esperienza dolorosa e frustrante. La città, con la sua vita frenetica e la sua eterna promessa di realizzazione, diventa un luogo dove la speranza si trasforma in disillusione.
Cristina
Forse il brano più personale di tutto l’album, la dedica alla mamma. “Cristina” è un pezzo intimo, in cui Lauro toglie la maschera del personaggio e racconta con lucidità e tenerezza la figura della madre. Il brano ha il sapore di una lunga lettera fatta di ricordi crudi e riconoscenza infinita. Non è solo una dedica personale: è un inno alle madri che lottano ogni giorno in silenzio, che amano senza chiedere nulla in cambio.
“Cos’è l’amore?”
Quel tuo abbraccio che non smetteva, no, mai
Perché l’amore del mondo è neve al sole
È solo, sì, grazie a te se siamo noi
Oh
Tu che sei lo stelo di un fiore
Luce brucia, orchidea fragile
Tu vestita di sole, una dea
Tra racconti di povertà, abbandono paterno, case sfasciate e supermercati. Il testo dipinge – parola dopo parola – una realtà difficile, ma sempre illuminata dalla forza della madre. Una donna che non si è mai tirata indietro, che ha abbracciato anche agli amici, che ha dato tutto senza risparmiarsi, che ha saputo proteggere e crescere con amore i suoi figli, anche nella tempesta.
Un brano che parla di resistenza, di sofferenza, ma anche di riconoscenza, la stessa che Lauro oggi riporta – a modo suo – con i suoi fan.
Fiori di papavero
In “Fiori Di Papavero”, Lauro esplora l’idea che la bellezza non sia mai completamente separata dal dolore. Come il papavero che cresce in un campo che può sembrare desolato, anche nella sofferenza si può trovare qualcosa di bello. Il pezzo invita ad accettare la dualità della vita, a non fuggire dal dolore, ma a riconoscere in esso una parte fondamentale dell’esperienza umana. Il messaggio del brano è, in fondo, che la bellezza nasce dalla consapevolezza della propria vulnerabilità.
Noi che stiamo a fare, no, stasera andiamo via
Non sento niente, sento niente, sento niente, tranne
Noi che stiamo a fare l’alba dentro casa mia
E menomale, è già domani
Ma che stronza la vita, ah
Il papavero utilizzato come metafora di vita, come simbolo di rinascita e dolore. Il fiore diventa il veicolo di una riflessione sulla condizione umana, che si fa universale e allo stesso tempo intima. Un brano che, attraverso la sua delicatezza, ci ricorda che, in fondo, la bellezza è fatta anche di ciò che non possiamo controllare.
Amore disperato
Il brano che da ottobre ad oggi ha invaso le playlist di tutte le principali testate radiofoniche, un po’ come quelle dei nostri dispositivi. Tutti abbiamo ascoltato “amore disperato” almeno una volta al giorno, tutti abbiamo sognato con quei due ragazzi che dormivano in spiaggia tra una sigaretta e l’altra sulla spiaggia giù a Marechiaro.
E se passiamo un’altra notte
Tra far l’amore e fare a botte
Che differenza c’è
Se siamo io e te?
L’amore tormentato, quello degli anni più belli e complicati della nostra, quello che ci si attacca nelle ossa e continuerà a vivere dentro di noi nonostante la vita ci porterà altrove, sparsi in giro per un mondo troppo difficile e troppo grande per ritrovarsi, o forse no.
Incoscienti Giovani
La canzone sanremese di Achille Lauro. Il pezzo che ha fatto saltare tutta Italia sulla sedia per il suo immeritato sesto posto. Una ballad romantica, una lettera al sè adolescente che dormiva in un Peugeot, che rubavano fiori per sentirsi vivi mentre la vita passava veloce inseguendo sogni più grandi di loro, promettendosi di ritrovarsi, sempre, anche in altre 100 vite.
Amore mio, veramente
Se non mi ami, muoio giovane
Ti chiamerò da un Autogrill
Tra cento vite o giù di lì
Di amore muori veramente
Se non ti amo, fallo tu per me
Ti cercherò in un vecchio film
Pеr sempre noi incoscienti giovani
Incosciеnti giovani
“Incoscienti giovani” parla di una storia vera, per la precisione di una ragazza, di una donna molto importante per Achille Lauro e di una storia nata ai bordi del Raccordo anulare. I protagonisti di questo racconto riescono a passare dal tormento alla salvezza grazie al sentimento più puro che esista, l’amore.
Walk of fame
“Walk of Fame” è un viaggio tra luci e ombre, dove la fama non è più un traguardo dorato ma un miraggio che abbaglia e consuma. La celebre passerella di stelle diventa metafora di un sogno che si sgretola sotto il peso dello sguardo altrui. In questo brano, la celebrità è desiderio e condanna, incanto e solitudine, narrata con voce fragile e poetica.
Forse il vero amore, il vero amore è fare a meno di te
Come le medicine
Noi che per amore abbiamo dato tutto quanto, perché?
Achille Lauro racconta un’ascesa che somiglia a una corsa nel buio, fatta di sacrifici silenziosi e scelte che lasciano cicatrici. La canzone è un dialogo tra la maschera e l’anima, tra l’applauso che esplode fuori e il vuoto che cresce dentro. La fama, con le sue luci accecanti, diventa un labirinto dorato dove è facile perdersi. Lauro si muove tra specchi distorti e stanze vuote, chiedendosi se il prezzo del sogno non sia, in fondo, la propria verità. E in quell’eco finale, si avverte una domanda sussurrata più che detta: vale davvero la pena arrivare, se per farlo bisogna smettere di essere?
Dirty Love
In Dirty Love, l’amore diventa ossessione, una dipendenza carnale e ineluttabile, una “maledetta tentazione” da cui non si vuole — e non si può — fuggire. La figura femminile è un enigma seducente: vipera e fiore, angelo e demone, incarnazione perfetta del desiderio che consuma. Il brano vibra in un’estetica volutamente decadente, come una pellicola anni ’90 intrisa di sensualità e ribellione, dove tutto è patinato ma sporco, elegante e crudele allo stesso tempo.
Maledetta tentazione
Sei una vipera, sei un fiore
Tu mi prendi l’anima
E poi non mi dai niente
Ma che strana sensazione
Tu sei il diavolo, oh Signore
Okay, prenditi l’anima
Lauro non canta un amore tenero, ma un legame viscerale che divora. Qui non esistono bilanci o promesse: solo il fuoco del momento, il brivido che confonde piacere e dolore. Dirty Love non racconta, non spiega. Ti trascina dentro, ti fa sentire addosso il sapore ferroso della passione tossica, quella che lascia il vuoto — ma che proprio per questo diventa necessaria. Come una ferita che si cerca di nuovo, pur sapendo quanto fa male.
Nati da una costola
“Nati da una costola” è un brano sospeso tra cielo e terra, dove il sacro si mescola alla carne e l’eterno si piega all’intimità di due corpi che si scelgono, anche nel dolore. Lauro immagina un Eden capovolto, in cui il vero peccato non è disobbedire, ma amare senza misura. Qui, il paradiso non è promessa, ma resistenza: restare, anche quando fa male.
Come volano gli angeli
Nella notte quando la pioggia cade giù
Ma te lo immagini?
Senza il rumore, il rumore, il rumore del mare
E tu che non sai piangere
Anche quando poi una lacrima cade giù
Tra echi biblici e rimandi danteschi, il testo attraversa l’origine e la caduta dell’umanità: la nascita, il desiderio, l’amore, la colpa e la rovina. L’amore è al tempo stesso carezza e veleno, creazione e annientamento. Eva, la mela, il serpente — simboli antichi che diventano confessioni personali. In questo racconto non c’è condanna: la colpa è una danza a due, un atto condiviso, quasi un patto segreto fra anime che si riconoscono anche nella tempesta.
Happy Birthday Mr Kennedy
Happy Birthday Mr. Kennedy è un’allucinazione pop. Una febbre del sabato sera, un sogno che esce fuori dagli anni ’60 trasportandosi in un futuro distorto, dove mito, amore e cultura si fondono in un caleidoscopio emotivo. Lauro non si limita a raccontare una storia d’amore, al contrario ne tesse le fila, la eleva, la sovraccarica, la trasforma in icona, in dipendenza, in performance. È un sentimento che non redime, ma consuma, con l’intensità psichedelica di LSD e la freddezza letale del Fentanyl — e lo fa con un’eleganza che affascina mentre brucia.
Tu sei la mia Marilyn
Buon compleanno, mr. Kennedy
‘St’amore è solo Fentanyl
Oh, conta più non esserci, eh
E a ‘sti ragazzi stupidi (‘Sti ragazzi stupidi)
Il richiamo al passato è chiaro, quel sogno proibito che torna prepotente a bussare alla porta. I riferimenti al suo passato dai tempi di Thoiry e le droghe, fino agli “Stupidi ragazzi” che ci hanno fatto conoscere un nuovo lato di Lauro.
Barabba III
Il ritorno al passato si completa con l’ultima traccia: Barabba III. Un cerchio che si chiude, che si snoda tra i racconti del passato ingombrante di Lauro; era da tanto che si vociferava di una parte tre del pezzo più iconico dell’artista nato ai bordi di periferia.
Ci facevamo così tanto, ma così tanto
Che non credevano che avessimo noi quell’età
Perché facevamo stare tutti zitti già
Quando insieme ci prendemmo il primo chilo
E lo dividemmo a casa di un amico
In mezz’ora lo avevamo già finito, pazzi
Lauro guarda il suo passato come un sopravvissuto, come un’esperienza extracorporale che lo ha cambiato per sempre. È la storia di un’amicizia che si è spenta troppo in fretta, di un fratello mai dimenticato, di una giovinezza bruciata sull’altare dell’incoscienza. Dove una volta c’erano risate e corse in motorino, ora restano solo silenzi e rimorsi. Le bravate di allora – supermercati saccheggiati, notti senza regole – oggi fanno da sfondo a un dolore muto, alle lacrime di una sorella, a un legame diventato assenza.
Barabba III è la storia di chi è rinato, senza dimenticare le sue radici. E’ quella consapevolezza che è stata la sua forza, la sua carica e la sua necessità.
Conclusione
Lauro con “Comuni Mortali” non si limita a raccontarci l’amore, ma anzi al contrario lo snoda nei suoi ricordi, nelle sue emozioni, nelle tragedie di una vita fatta di fragilità, insicurezze, ma anche forza e determinazione.