Ci sono luoghi che, anche dopo decine di concerti, riescono ogni volta a sorprenderti. L’Atlantico Live di Roma per me è uno di quelli: un posto che cambia pelle a seconda di chi sale sul palco, ma che conserva sempre quell’energia capace di farti sentire parte di qualcosa di più grande. Il 26 settembre, quella magia ha un nome preciso: Alex Wyse.
L’inizio del concerto è sempre il mio momento preferito. Un attimo eterno in cui si vive in attesa. Il chiacchiericcio, i cori, le prove luci, le fan action che vengono preparate e, soprattutto, i sorrisi sinceri dei tanti presenti che attendono da mesi questo momento. Appena le luci si abbassano, il pubblico – un mix di giovani e meno giovani, molti con cartelloni e occhi che brillano – esplode in un boato di entusiasmo. Alex entra in scena con passo sicuro, ma con quella naturalezza che da sempre lo contraddistingue: non serve teatralità, basta la voce. “Ammirare Tutto” apre la serata, ed è come un manifesto: guardare il mondo, le persone, se stessi con occhi nuovi. La sua voce, calda e vibrante, riempie ogni angolo dell’Atlantico, e in un attimo il palco si trasforma in una confessione condivisa.
Da lì in poi, è un viaggio tra energia, talento, passione e voglia di riscoprirsi ancora e ancora. “Linea Della Vita” e “Non Ho Paura” mostrano un artista consapevole, capace di muoversi tra fragilità e forza senza perdere autenticità. Ogni brano è vissuto nel profondo, ogni nota poggia su un’emozione reale. Durante il concerto si percepisce la crescita emotiva di un ragazzo che ha vissuto un anno incredibile: da Sanremo Giovani ai sold out di quest’estate. Quando arriva “Amando Si Impara”, il pubblico canta all’unisono: è uno di quei momenti in cui capisci che Alex non è più solo “una promessa uscita da Amici”, ma un interprete che sa trasformare le canzoni in esperienze collettive.
Poi arriva il momento delle cover, e lì Alex dimostra tutta la sua versatilità. In “Amore Disperato”, il brano iconico di Nada, la voce di Wyse si fa più ruvida, più piena, più vissuta. Non tenta di imitare: la riscrive a modo suo, la piega alla sua sensibilità. Le prime note risuonano lente, quasi sussurrate, poi si aprono in un’esplosione di intensità che fa venire i brividi. È una versione intima e potente, che trasforma il dolore in un canto liberatorio.
Con “Nessuno Mi Può Giudicare”, Alex si diverte e gioca con il pubblico. Sorride, muove qualche passo di danza, scherza tra una strofa e l’altra, ma senza mai perdere eleganza. La sua reinterpretazione è fresca, ironica e luminosa: la trasforma da classico beat anni Sessanta a un inno pop moderno, dove il messaggio — “nessuno mi può giudicare” — suona più attuale che mai. Il pubblico balla, applaude, canta ogni parola. È un momento di leggerezza, ma anche di grande intelligenza artistica.

E poi arriva “There’s Nothing Holdin’ Me Back” di Shawn Mendes, che accende completamente l’Atlantico. L’arrangiamento è curato, energico, quasi rock: batteria pulsante, chitarre in primo piano, e Alex che salta, sorride, si avvicina al pubblico, invita tutti a cantare con lui. È qui che emerge la sua natura da performer internazionale, capace di passare con naturalezza dall’italiano all’inglese, da un’intimità totale a una scarica di pura adrenalina. Le sue movenze sono istintive, la voce sempre impeccabile, anche nei passaggi più difficili. È uno di quei momenti che fanno dimenticare di essere in una sala concerti: sembra di essere dentro un festival, dove tutto vibra all’unisono.
Poi, un momento inatteso e travolgente: sul palco arriva Settembre, accolto da un applauso che sembra un abbraccio collettivo. I due si guardano, sorridono, e insieme intonano “Vertebre”, la canzone vincitrice di Sanremo Giovani. La sala si riempie di luce e di emozione pura. È un momento di amicizia vera, di rispetto reciproco e di condivisione artistica. Nessuna rivalità, solo la forza di due giovani talenti che si sostengono e si riconoscono. Cantare insieme “Vertebre” diventa un messaggio chiaro e potente. La musica unisce, costruisce ponti e mostra che il futuro della canzone italiana è nelle mani giuste.
Dopo quell’abbraccio musicale, l’atmosfera rimane carica di gratitudine. Uno dei momenti più intensi arriva con “Tra Silenzi” e “Batticuore”, due brani che sembrano nati per essere cantati dal vivo. La sua voce non perde mai controllo, anche quando si abbandona completamente all’emozione. Poi arriva “Non Siamo Soli”, e l’Atlantico diventa un mare di luci e mani alzate: un coro collettivo che travolge tutto.
Nel cuore del concerto, c’è un’atmosfera sospesa, quasi magica. “Stelle In Antartide” e “Sogni Al Cielo” portano il pubblico in un’altra dimensione — quella più onirica e sognante di Alex, dove la speranza si intreccia con la nostalgia. È in questi momenti che emerge tutta la sua capacità di costruire un immaginario personale, poetico, ma mai distante.
Poi, come un colpo al cuore, arrivano “Maledetta Primavera” e “Gocce Di Limone”: la prima un classico reso suo con delicatezza e rispetto, la seconda un brano che ormai è un simbolo della sua generazione. “Accade” e “This Love” chiudono il cerchio con una maturità sorprendente: melodie pulite, voce impeccabile, emozione sincera.
Ma è con “Rockstar” che Alex saluta il pubblico e lo fa con il sorriso di chi sa che il meglio deve ancora venire. È un pezzo che suona come una dichiarazione: dietro la dolcezza e la timidezza apparente, c’è un artista determinato, consapevole del proprio talento e del proprio percorso.

Mentre le luci si riaccendono e il pubblico lascia lentamente la sala, resta nell’aria una sensazione forte: quella di aver assistito non solo a un concerto, ma all’inizio di qualcosa. Alex Wyse ha una voce che ti attraversa, uno sguardo che parla più di mille parole e una carriera che, dopo questa serata romana, sembra già spiccare il volo.
L’Atlantico, ancora una volta, ha fatto il suo miracolo: ha trasformato un palco in un incontro, una voce in una promessa. E io, uscendo nel fresco di settembre, non posso fare a meno di pensare che certe notti – come certe canzoni – non finiscono davvero. Restano dentro, a ricordarci che, forse, “amando si impara”, ma emozionandosi non si smette mai.
PS: Se ancora non l’avete letta, vi consiglio di recuperare la nostra intervista realizzata con Alex Wyse prima di Sanremo Giovani. Un dialogo sincero e pieno di visioni che, riletto oggi, acquista un valore ancora più profondo. Si percepisce già lì la determinazione, la sensibilità e la voglia di raccontarsi che hanno poi portato a questo traguardo e a un concerto capace di lasciare il segno.


Bellissima recensione…la rileggero’ piu’ e piu’ volte. Alex si merita riconoscimenti di questo tipo per il suo talento e per la sua determinazione nel portare avanti una carriera in contrasto con il mainstream odierno. Lui sa che non ricevera’ il successo e i numeri dei cantanti che vanno per la maggiore oggi, ma sa anche che la sua strada e’ quella giusta…