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Il mio primo Primo Maggio: il backstage del Concertone

Il primo “Primo Maggio” non lo dimentichi più. Me l’hanno detto in tanti i giorni prima di questo grande evento, una sorta di istituzione per Roma e per la sua gente. Non volevo crederci, soprattutto dopo l’esperienza sanremese che, insomma, non è certo da tutti i giorni. La verità però è che il “Concertone” scorre nelle mie vene, un pò come il pranzo con i nonni la domenica a pranzo o i tortellini in brodo il giorno di Santo Stefano: il Primo Maggio si guarda il concerto. Non è importante se lo guardi dalla transenna, dal maxischermo in Piazza o comodamente seduti sul divano di casa, ma è una tradizione che non si mollano.

Ecco io fin’ora l’avevo sempre visto da spettatore. Sono sempre stata in quella folla infinita, in quella marea di voci unite dalla stessa passione: la musica. Quest’anno no, quest’anno è stato diverso. Ho vissuto il Primo Maggio con un pass stampa e creator al collo, davvero qualcuno oltre me l’avrebbe mai detto? Con More Music Magazine, dopo l’esperienza sanremese, siamo arrivati a Piazza San Giovanni pronti a raccontare il backstage di uno degli eventi più seguiti in Italia.

Come iniziare quindi questo racconto? Come lo racconterei ai miei amici? Beh sicuramente partirei dai giorni prima del Concertone. Le famose prove, quelle che per anni volevo vedere, ma che per un motivo o per un altro non mi è mai stato possibile.

Quest’anno invece per uno strano allineamento dei pianeti invece ho visto le prove, quasi tutte, o almeno la maggior parte di quelle che mi interessavano. Mentre ero lì però mi sono accorta di quanto tutto questo sia folle, centinaia di persone al lavoro per un obiettivo comune: informare sui diritti facendo divertire migliaia di ragazzi. Una macchina perfetta che ogni anno lavora sodo per portare a casa uno spettacolo di circa 12h. Non sono nuova all’organizzazione di eventi, so bene cosa significa il “dietro le quinte”, ma mai mi sarei immaginata una tale quantità di capitale umano.

Questa volta però mentre tutti fremevano durante il primo giorno di prove, io ho rallentato e ho osservato. Lì dietro ho trovato un mondo fatto di uomini e donne stanchi, ma felici. E no, non parlo solo della “facciata”. Parlo dei ragazzi delle pulizie, della sicurezza, della produzione, ma anche degli uffici stampa sempre disponibile nel sostenere il nostro lavoro – anche se siamo ancora tanto piccini. E poi loro, gli artisti, coloro che da sempre rendono il Primo Maggio il “festival” di inizio estate.

Una line up incredibile, scelta da Massimo Bonelli e dalla sua squadra, ha portato sul palco del Primo Maggio i diritti – quelli che fin troppo spesso mancano – ma anche di sicurezza sul lavoro, di libertà di espressione, di femminismo, di Palestina, di problemi generazionali, di salari, di cittadinanza e di priviligi. Ecco si, i privilegi. Quei diritti che appartengono soltanto a qualcuno e quindi – come ha ricordato Elodie – non possiamo definirli tali. La nuova generazione dal palco del Primo Maggio l’ha detto a gran voce: dobbiamo parlare anche per chi la voce non la ha.

E quindi scusatemi se entro un attimo anche nella politica e applaudo i Patagarri che hanno portato un messaggio di pace, non di distruzione (come altri hanno detto) raccontando quello che succede non molto lontano da noi, dove uomini, donne e bambini muoiono sotto le bombe. Penso che il Primo Maggio debba continuare a far salire sul palco questi artisti, queste voci fresche, nuove che non hanno paura di mostrarsi.

Ragazze come Giulia Mei, Anna Carl, Anna Castiglia: donne talentuose che raccontano la loro idea di libertà. Ragazzi come i Cosmonauti Borghesi, Andrea Cerrato, Cyrus: uomini che portano sul palco la loro necessità di esprimersi e di sognare. Quest’anno al Primo Maggio abbiamo parlato noi.

Noi giovani che davanti e soprattutto nel backstage abbiamo dimostrato la nostra voglia di lavorare, senza paura, senza sotterfugi. Noi, figli di una generazione che ha avuto “la pappa pronta” sul palco del Concertone abbiamo raccontato anche la nostra paura del futuro, quell’instabilità che ci segna fin da quando abbiamo pianto per la prima volta. E’ questo che ho amato del Concertone, la quantità massiccia di ragazzi – tantissimi alla prima esperienza – che non si sono mai tirati indietro. Il resto poi, l’avete visto tutti, è stato un successo.

E si, certo, ci sono state degli errori – come il mio quasi svenimento, o la mancanza di un’area solo per la stampa -, come anche le discussioni. La verità è che quando le luci si sono accese, Piazza San Giovanni ha cominciato ad urlare io ho dimenticato tutto. Si, anche il dolore ai piedi. Anche la fame, anche la sete. E mi sono ricordata il motivo per il quale dedico così tanto tempo a tutto questo: perchè la musica salva, guarisce, fortifica e cambia il mondo. E quindi grazie Primo Maggio Roma, per tutto questo.

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