Bartolini, classe 1995, è nato in riva al mare, ma presto è stato adottato dalla città. Inizia da giovanissimo a scrivere musica nella sua stanza e nel 2019 pubblica il suo primo EP: BRT Vol.1, una raccolta di cinque canzoni che riassumono i suoi ultimi quattro anni di vita e di scrittura, partendo dalla Calabria per cercarsi a Roma e trovarsi finalmente a Manchester. In un mix di sonorità tra il britpop, la new wave d’oltreoceano (Wild Nothing, Beach Fossils) e il cantaurato pop all’italiana, dopo un tour estivo impreziosito dall’apertura di due date dell’Evergreen Tour 2019 di Calcutta e dalla partecipazione al MI AMI 2019, pubblica il nuovo singolo Te in particolare. I brani Non dirmi mai e Lunapark hanno anticipato la pubblicazione del debut album Penisola, uscito il 3 aprile A IndiePanchine ci porta nel suo mondo in un’esibizione pazzesca in cui la musica diventa protagonista in Tilt, il tuo ultimo album.
“Tilt” è il tuo ultimo progetto musicale, il tuo terzo album, cosa rappresenta per te questo progetto?
La fine della mia carriera? No, scherzo. No scherzo. Rappresenta la prima volta in cui ho messo più mano sulle produzioni, mi sono preso più tempo su sui testi rispetto agli altri dischi. Ci ho messo paradossalmente meno tempo poi a realizzarlo perché ho avuto poco, pochi mesi per per chiudere e consegnare tutto. Però è un disco che sicuramente mi ha dato proprio tanto e a cui ho dato tanto.
Nel mio piccolo ha consacrato la mia quotidianità e il mio fare musica dal vivo, cioè è proprio il disco in cui mi sento davvero io, in cui emerge il mio essere musicista. E prima questa visione non ce l’avevo, era molto offuscata, era proprio “non so che cazzo mi sta succedendo”, a volte per carità è ancora è, nel senso che mi sento sempre un po’ a caso, ma molto meno. Quindi sì, “tilt” anche a livello testuale mi ha reso più adulto. Insomma, ho cercato di andare su altri temi, un po’ più intimi, personali, esplicitamente su quelle robe lì, e magari nei primi dischi erano giustamente nascosti, no, più onirici.
Poi appunto ho prodotto tanto a casa, ho fatto tanta roba in camera e mi sono ritrovato. Poi sono andato in studio da Pietro e Fabio a finirlo di fare, ci siamo chiusi due mesi, è stata una bellissima esperienza. Però comunque come lavorazione io sono uno che si prende tanto tempo per fare le cose e invece a sto giro abbiamo dovuto spingere sull’acceleratore ed è stato interessante.
Cosa ti manda davvero in tilt? E qual è la canzone a cui sei più legato?
Allora, cosa mi manda davvero in Tilt? Beh mi ci manda al mio quartiere, no scherzo. Io mi mando in tilt, tutte le mie paranoie che arrivano appena esco di casa. Quei pensieri intrusivi, i vermi che sono dentro di me e che non dovrebbero esserci, semplicemente perché sono solo una perdita di energia e di “vabbè“. Poi mi manda in tilt il traffico di Roma, lo stare lontano da casa, dai miei, però ecco questo.
Per quanto riguarda la canzone una è difficile, quindi te ne dico due: Polvere e Smettila.
In questo album ci sono due collaborazioni importanti Tripolare e Lil Kveneki: come nascono questi feat?
Sono vabbè Alessio – Lil Kveneki – uno dei miei migliori amici. Con lui abbiamo suonato anche insieme in un suo progetto solistaa. L’anno scorso, infatti, ero il suo chitarrista. Abbiamo già collaborato con “Non piove”, noi ci vediamo e facciamo musica. L’anno scorso c’è stato un periodo in cui facevamo musica tutti i giorni e insomma il pezzo è nato in quel periodo lì. Quindi più o meno è stato molto automatico.
Con Tripolare, Gabriele, anche lui è un amico. Insomma, ci becchiamo ovviamente di meno, perché non è non siamo nella stessa città, purtroppo però anche con lui abbiamo fatto diverse collaborazioni, per me uno dei più forti in circolazione, e insomma anche lì, è venuto a casa a prendere un caffè, ci siamo chiusi e abbiamo tirato fuori un pezzo che secondo me spacca.
Com’è cambiato Bartolini da Penisola a Tilt?
Tantissimo, non so se in bene. C’è da dire che anche il lockdown mi ha fatto regredire, per certi versi. Sto rimparando ad accettare alcune situazioni, il traffico, le difficoltà ecc. Io purtroppo tendo sempre ad andare insomma a vedere o tutto bianco o tutto nero, quindi ci sono delle fasi della mia vita in cui mi sto sul cazzo, e allora inizio a denigrarmi eccetera. E quindi questo porta a un cambiamento? No, semplicemente. Esiste quel Bart come esiste anche quell’altro, come esiste quell’altro ancora no, quindi si sta. Io però sto cercando, cioè il mio gol da adesso in poi nella vita, è cercare di vivere di più nel presente, cercando di far andare d’accordo queste, queste sfaccettature di me. Sono cambiato tanto.
Sì, prima non capivo un cazzo di quello che stavo facendo, questo era fico perché mi portava a fare delle cose più spontanee magari. E paradossalmente avevo una visione, una visione anche molto quadrata, cioè non mi facevo influenzare troppo, poi crescendo dovrebbe essere un po’ il contrario, no? Tipo invece per me è stato questo, sarà stato anche non voglio addossare la colpa al lockdown, però sono stato anche tanto da solo, no? Chiuso. E quindi sai quando stai tanto senza le persone non sai più riconoscerti e ed è anche un momento storico in cui è difficile capire e captare bene ti parlo soprattutto a livello musicale. Quindi sono in evoluzione ed è giusto così.
I compromessi ci sono sempre, ci saranno sempre. Non te lo nego però l’obiettivo mio principale è comunque fare musica, a prescindere dal lavoro ecc. Spero di continuare a farlo, è un’utopia vivere di musica in Italia, però è la mia vita, quindi ho più chiara questa cosa e adesso sono in una fase in cui sto tornando indietro, ma non nel senso che sto regredendo sto ritrovando il me stesso di qualche anno fa.
3 canzoni che non possono mai mancare nella tua playlist
In assoluto “Didn’t Want To Have To Do It ” dei Lovin Spoonful, mi piacciono molto come gruppo, una risposta american ai Betleas inglese; poi ti direi “Live Forever “degli Oasis.