Simone De Marco, noto artisticamente come MOEH, nasce a Cosenza il 16 luglio 1999. È uno dei nuovi talenti emergenti della scena Hip Hop italiana. La sua passione per la musica si manifesta fin dall’infanzia, inizialmente con l’interesse per il cantautorato e successivamente per il Rap. Nel 2020, inizia a pubblicare i suoi primi brani da artista indipendente, sperimentando diverse sonorità fino a trovare un equilibrio che unisce le sue influenze musicali e il suo mondo interiore. Da questa fusione nasce uno stile di Rap Conscious, caratterizzato da un’espressione profonda di emozioni contrastanti che riflettono le sfide e le sensazioni condivise dalla sua generazione.
“Nella mia testa” segna il tuo ritorno con un brano molto intenso: com’è nato questo pezzo e cosa ti ha spinto ad affrontare temi così personali e universali insieme?
È nato in modo totalmente spontaneo. Ho semplicemente scritto tutto quello che avevo dentro. Ho voluto raccontare questo senso di instabilità che sento, perché so che non sono l’unico a provarlo. È un mood molto presente tra i ragazzi della mia generazione, e il mio obiettivo è proprio quello di essere la loro voce.
Il brano è prodotto da Faffa, già al lavoro con nomi come Aka 7even e Mimì. Com’è stato collaborare con lui e in che modo ha contribuito a modellare il sound del pezzo?
Lavorare con Faffa è sempre un’esperienza entusiasmante, grazie al suo approccio creativo, alla sua cultura musicale e alla sua imprevedibilità. Ogni volta che entriamo in studio si crea una vibe pazzesca, anche in questa produzione. Riesce sempre a cogliere la direzione dei miei testi e del mio mood, e questo ci permette di muoverci all’unisono, creando un sound autentico e sincero. Credo che questa sia la vera forza del progetto.
Nel testo parli di sbalzi d’umore, ansia e ricerca di sé: quanto c’è di autobiografico e quanto invece è uno specchio della tua generazione?
È esattamente così che vivo le mie giornate: piene di sbalzi d’umore, spesso senza un motivo apparente. È uno specchio della mia quotidianità, ma anche di quella di tanti ragazzi della mia generazione. Il disagio, il senso di vuoto, l’ansia… sono emozioni molto comuni, soprattutto tra chi ha una sensibilità forte.
Il videoclip di “Nella mia testa”, curato da Claudio Cartini, ha un’estetica forte e onirica. Quanto conta per te la parte visiva nel tuo progetto artistico?
È fondamentale, ci tengo moltissimo a curare ogni dettaglio. Tutto deve essere coerente con la mia musica e con il mio stile di vita. In questo progetto, Claudio è stato bravissimo a cogliere il mood e le mie idee, creando un videoclip d’impatto, perfettamente in linea con il messaggio del brano.
Il tuo stile unisce cantautorato, rap e urban in modo molto personale. Come si è evoluto il tuo percorso musicale dal 2020 a oggi?
Col tempo ho dato sempre più spazio alle mie influenze urban, restando però legato a quel cantautorato che ha segnato la mia infanzia e la mia prima adolescenza. Sono riuscito a costruire un mio stile e un mio mondo, soprattutto grazie all’incontro con Faffa, che mi ha aiutato a esprimermi al meglio in quel sound che cercavo da tempo.
Hai appena presentato il brano live al Karma di Rende: che rapporto hai con il palco e cosa cerchi di trasmettere durante le esibizioni dal vivo?
Sul palco riesco a essere davvero me stesso, senza filtri, senza paure, senza timidezza. È come se mi trasformassi. Sento il peso e la responsabilità di dare il massimo per chi è lì ad ascoltarmi. Voglio trasmettere esattamente quello che racconto nei miei pezzi: dalla spensieratezza al disagio interiore.
Come descrivi la tua musica a chi non ti conosce?
La mia musica è intensa, introspettiva, universale e lunatica. Ti fa guardare dentro, ti fa fare mille domande, a volte ti dà risposte a cui non avevi pensato, e riesce anche a farti divertire con sound banger.
3 canzoni che non possono mai mancare nella tua playlist?
Domanda difficilissima, ma oggi ti dico:
Runaway di Ye, Yosemite di Travis Scott, e Star di Luchè.