Una mail. È nel modo più sbagliato possibile che comincia questo live reportage, ne sono consapevole, ma è la verità. L’invito per assistere al concerto evento di San Siro dei Modà è arrivato per caso, come una bolla di sapone che arriva e ti scoppia davanti. Una cosa incredibile, difficile da spiegare a parole, quindi neanche ci provo e vado avanti.
Roma-Milano, una tratta che conosco fin troppo bene. Tre ore di treno passate a scrivere e immaginare come sarebbe stato l’incontro con il primo gruppo musicale che mi ha fatto battere il cuore, i Modà. Il treno arriva, Milano ti accoglie sempre con quel leggerissimo velo di smog che ti si attacca alla gola e con un caldo umido che ti lascia appiccicoso, ma non fa niente. Tutto passa appena si esce dalla metro lilla e ti trovi davanti il tempio del calcio, San Siro. Immenso, mastodontico, talmente grande che per girarlo tutto mi fanno entrare dentro ad una golf car, l’esperienza nell’esperienza. Tutto è incredibile, io sono affascinata. Vederlo vuoto è una magia per pochi.
Il tempo passa, sempre tutto troppo veloce. Chiudo gli occhi e loro sono davanti a me, in carne ed ossa. La conferenza inizia e Kekko non si tira indietro e risponde. Ci racconta del suo dolore, di quanto è importante prendersi cura di sè stessi e cercare, in qualche modo, di mettesi nei panni dell’altro. “Tutti noi combattiamo una battaglia, dobbiamo sempre tenerlo a mente” ed è quello che in qualche modo cerco di ricordami ogni giorno, anche quando la rabbia prende possesso del mio controller.
Le ultime domande. Uno scambio di battute e una foto che andrà nei ricordi belli. Il tempo che continua a correre veloce e ormai al concerto manca poco. Lo stadio è pieno, San Siro che lentamente riempe tutti i suoi posti. Un abbraccio incredibile e la sensazione, cucita addosso, di star vivendo un momento unico. E’ strano dirlo, ma i Modà hanno davvero fatto crescere una generazione intera, ma sono riusciti a coinvolgere anche quelle attorno. Se io, da millennials, li conosco con “Favola” e me la scambiavo con le amiche con il bluetooth, la gen z li conosce per l’hype su tiktok con “quel sorriso in volto”. E’ una cosa rara, una di quelle cose che succede solo a chi ha davvero qualcosa di profondo da raccontare.
Dalla tribuna stampa in platea, il mio posto preferito. Quello in cui riesci a cogliere tutte le emozioni, anche quelle più impercettibili. Buio. Il concerto inizia. San Siro esplode nel suo boato e accende le torce di 52mila presenti ed è qui che comincia il viaggio. Lo stesso viaggio iniziato, almeno per me, 14 anni fa.
Kekko sale sul palco e la cassetta dei ricordi riavvolge il nastro. Si comincia con l’intro di “Tutto non è niente” e si arriva a “Non è mai abbastanza”. Il cuore comincia a vacillare e attorno a me i primi occhi lucidi cominciano a fare capolineo sotto a quei sorrisi giganti, quelli di chi ha aspettato tanto tempo, quasi 10 anni per rivivere tutto questo.
Il nastro continua a rivvolgere tutto. Si porta con sè gli amori finiti, quelli sognati, quelli di una notte d’estate. Non sono sola, non sono più sola. Mi guardo attorno e mi sento parte di qualcosa di grande, vedo gli sconosciuti amarsi e mi rendo conto che non c’è niente di più bello che avere qualcuno al tuo fianco che riesce a sostenerti, amarti e supportarti. Una magia per pochi, una cosa da romantici.
Un giro di chitarra elettrica mi riporta sulla terra. Mi godo le mie canzoni preferite come la prima volta che le ho ascoltate live, con quella passione e quell’amore che mi ha sempre legato a loro. “Non ti dimentico” è la botta finale, quella che mi fa scoppiare a piangere. Un sorriso verso il cielo, un respiro profondo e mi trovo magicamente su un “Tappeto di Fragole” immaginando di disegnare nuvole bianche “Come un pittore”.
L’ultimo brano, “Viva i romantici”. Quello che dico ogni giorno, il mantra della mia vita. Grazie ragazzi per ricordarmi quant’è bello l’amore, quant’è bella la vita. Io corro a riprendere il treno e vi aspetto nella mia città, Roma.