Dopo l’esperienza a Sanremo, Bresh torna con un progetto che ha del visionario. “Mediterraneo” è la chiusa perfetta di un percorso, anzi no di una triologia. 16 pezzi in totale, 3 collaborazioni importanti all’interno e soprattutto la consapevolezza di essere diventati grandi. Il terzo album in studio ha, infatti, il sapore di una conferma. Un artista capace di distinguersi, di andare oltre, di promuovere una musica urban, ma sensibile, originale ma con profonde radici. Lontano dai cliché del rap standardizzato, Andrea Brasi sceglie ancora una volta di navigare controcorrente, seguendo la sua rotta personale, fatta di immagini evocative, lirismo e autenticità.
Il concept è chiaro fin dal titolo: il mare come casa, confine, passaggio, rifugio. “Mediterraneo” non è solo un omaggio alla Liguria che l’ha cresciuto, ma anche una metafora della sua interiorità. Ogni traccia è una tappa di un viaggio che oscilla tra dolcezza e disincanto, ironia e malinconia.
L’album mescola rap al pop con influenze cantautorali e sfumature elettroniche mai invadenti. La produzione – firmata principalmente da Shune, con il supporto di Biazzi e Bargiggia – è raffinata, pulita, ma mai piatta. I beat non urlano, accompagnano. E’ un viaggio, un crescendo, un percorso che – ogni tanto – condivide con le persone giuste. Si parte con l’amico di sempre, Tedua in “Capo Horn” aggiunge potenza e visione ad un pezzo già forte di base, Kid Yugi in “Altezza cielo” porta profondità lirica, mentre Achille Lauro sorprende in “Il limite” con un’interpretazione intensa e misurata. Nessuna collaborazione è gratuita: ognuna aggiunge un colore alla tavolozza.
C’è una costante nella musica di Bresh, la verità. Lui parla direttamente a sè stesso, è prima di ogni altra cosa una necessità che porta a termine, un modo per abbassare il muro di protezione che tutti abbiamo attorno a noi. In “Mediterraneo” ogni traccia racconta un preciso momento, un attimo che Andrea sceglie consapevolmente di donare a tutti noi, mostrandoci il suo lato umano, quello vulnerabile.
Personalmente dividerei questo disco in 3 parti. La prima fase quella delle canzoni già note, quelle che ci ha regalato spotted nel corso del tempo e ovviamente mi riferisco a “Guasto d’amore” (non me ne volere Andrea, ma sarà sempre la mia preferita), “Altamente mia” e “Torcida” il pezzo che ha dato il via ad una nuova fase; la fase due, quella della consapevolezza dove ritroviamo canzoni come “La tana del granchio“, “Umore Marea“, “Agave“, pezzi che fanno parte del Bresh che conosciamo, ma con un pizzico di cazzimma in più; la terza, invece, è sicuramente quella della sperimentazione con “Aia che tia” la canzone in genovese che mi conquistata dal primo ascolto o “Kamala” un pezzo con una prod così forte da farti sentire in balia delle onde, in mare aperto.
A conti fatti direi che “Mediterraneo” ha di gran lungo superato le aspettative che mi ero prevista. Un percorso studiato perfettamente che mostra a 360° l’uomo e l’artista che è diventato. Tra tutti i pezzi però c’è da dire che “Tarantola” è quello che non riesco a smettere di ascoltare e riascoltare e riascoltare ancora/. Cosa che – onestamente – consiglio anche a voi.