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Tutti pazzi per Diego Naska allo Spring Attitude Extra: amore e punk a Cinecittà

Il giorno tanto atteso per il mondo punk è finalmente arrivato: Diego Naska torna a Roma. Il principe del pop punk italiano è infatti tornato a Roma – dopo più di un anno – calcando il palco dello Spring Attitude Extra. Una giornata dedicata totalmente alla musica indipendente della scena indie e pop punk che chiude un festival incredibile basato sulla musica elettronica e le nuove sonorità dell’anno, un mix perfetto di generi che si fondono colorando gli studi di Cinecittà.

La serata conclusiva dello Spring Attitude è cominciata fin dalle prime ore della giornata, in una tiepida Roma che si risvegliava sotto il sole dopo giorni di pioggia, con l’arrivo di centinaia di ragazzi in fila pronti per aggiudicarsi la transenna di uno dei festival più attesi dell’anno per assistere all’unica tappa romana di Diego.

Un crocevia di creste colorate, trucchi pesanti, calze a rete, scarpe con la zeppa, ma anche di sorrisi bellissimi adornati da brillantini colorati che regalavano quell’ultima folata di un’estate fantastica che non siamo ancora pronti a salutare. E quindi eccoli lì i ragazzi di Naska, stoici, sotto il sole ad intonare cori e canzoni in attesa di poterlo fare davanti a lui, circondati dal calore delle persone.

Le ore passavano e una volta aperti i cancelli ecco la magia: la corsa infinita per la transenna e mentre quei ragazzi correvano noi ci siamo crogiolati per un po’ andando a scoprire quel luogo incredibile che è Cinecittà durante lo Spring Attitude. E tra uno Spritz al carrello Aperol, un video divertente e un panino al pulled pork ci siamo ritrovati sotto palco a cantare insieme ad Atarde, Rosolo Rosso, Centomilacarie e Irbis: quattro artisti incredili che hanno scaldato il pubblico accompagnandoli al gran finale di un’edizione da record.

Tra un ballo e una canzone però il tempo è volato e in un battibaleno ci siamo trovati tutti sotto al palco ad urlare “Diego, Diego” mentre i tecnici sistemavano le ultime cose, gonfiavano la A Marvel e i musicisti salivano sul palco per cominciare a scaldare un pubblico incandescente. Pochi secondi ed eccolo lì Diego Naska nel suo habitat naturale: sul palco insieme alla sua incredibile band.

Si parte con “Pronto Soccorso” e già da questo dovevamo capire quale fosse lo spirito che lo muoveva sul palco: quella voglia irrefrenabile di farci pogare sotto cassa facendoci dimenticare i problemi, bevendo “6 gin tonic” e finendo “A testa in giù” tra le gambe di qualche sconosciuto (si scherza!) con cui poter urlare un gigantesco “Vaffanculo per sempre” senza dover essere fermato o ripreso. Ad un certo punto, però, il ritmo rallenta e il pogo lascia lo spazio a quel romanticismo grezzo di un punk della nuova generazione, terrorizzatocome tutti noidall’amore.

Diego parla a tutti noi: parla a quella ragazza che si nasconde nei maglioni bucati per ignorare il tempo che passa, parla a quella giovane donna che la mattina alle 5 si rimette la matita fingendo di non essersi innamorata di un uomo che l’ha solo usata, a quella bambina che stacca gli occhi alle bambole per paura di vederle piangere. Parla a chi cerca di nascondersi dietro una maschera come Polly, parla a chi ha vissuto un amore tossico, parla a me, a te, al tuo lui o alla tua lei e lo fa con una semplicità imbarazzante, quasi irreale per il mondo musicale di oggi.

Diego sbaglia, stona dall’eccitazione, si butta tra la folla tutto sudato, prende al volo reggiseni e firma magliette, si fa coccolare dal suo pubblico e rimanda lo stesso amore attraverso una passione che raramente ho visto durante un live e, credetemi, ne ho visti tanti nell’ultimo anno. Coinvolge, ti prende, ti fa piangere, incazzare, urlare, pogare e ti fa venire voglia di vederlo ancora e ancora.

Quello che emerge, senza dubbio – avendo avuto anche la fortuna di poterci parlare nell’arco della giornata – è l‘amore viscerale per il suo pubblico tanto da decidere di dedicare al pubblico romano ben due fuori programma: uno spoiler di un brano, “Piccolo”, contenuto nel suo nuovo album e soprattutto l’esibizione “a cappella” di Summersad.

E si forse è vero che sto diventando di parte, ma vedere questa passione così travolgente mi fa davvero credere che, dopotutto, questa generazione di incompresi un posto nel mondo l’ha davvero trovato e ‘sti cavoli se è sotto il palco di Diego Naska mentre si canta e poga, o viceversa come preferite. Però una cosa Die’ te la devo proprio dire: non è stata una Summersad.

1 Comment

  1. Milvia Caterbetti

    Bravo Naska sei numero 1 vai avanti così 👏🥳🤩💯💥💯💥💯💥

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