Dopo “Veleno” e successivamente all’arrivo della targa “Via Alberto Tananai”, l’amato cantante torna annunciando il prossimo progetto musicale “Calmo Cobra”. Annunciato con la simulazione di un finto incidente motociclistico proprio al di sotto del cartello. L’annuncio dell’album, però, è stato preceduto dall’arrivo in tutti i digital store del nuovo singolo “Ragni”.
Quello che abbiamo davanti sembra essere un progetto molto profondo: da un lato sì a sentimenti romantici, ma dall’altro anche una sorta di lotta intestina per poterli vivere. Già Veleno annunciava una difficoltà paradossale affiancata alla facilità con cui ci si può innamorare. Qui, le cose si complicano ulteriormente, nonostante si resti affini all’idea di un amore abbastanza giovane da essere imbevuto di incoscienza.
“Avevamo parlato due volte
Ci amavamo già da trent’anni
Ma noi avevamo vent’anni
Avevamo vent’anni
Di pianti, di feste e di botte
Lei che ha paura dei ragni
Io avevo paura degli anni
C’eravamo solo ingannati”
In “Ragni” si può parlare davvero di inganno quando si affronta, o si vive, il più nobile dei sentimenti? Forse sì, ma perché concettualmente ci ancoriamo al dolore che proviamo una volta che questo finisce. Tutto diventa nero, tutto diventa inutile, tutte le promesse risuonano come se fossero pie illusioni. Ma quando reciprocamente ci si stava dicendo quelle cose, ci si credeva. Quando si è innamorati si crede a quello che si sta vivendo, anche se si sussegue l’irrazionale sofferenza innescata dalla perdita.
Si crede alla maturità del colpo di fulmine, ma il più delle volte questo sfiorisce davanti all’immaturità quotidiana del non riuscire ad affrontare le piccole e grandi cose insieme. “Avevamo vent’anni di pianti, di feste e di botte”, qui si concretizza davvero la leggerezza che accompagna la prima fase della vita di adulti. I vent’anni sono fatti per sbagliare, per capire chi si vuol essere e cosa si vuole dalla vita, perché nell’adolescenza si da un po’ troppo retta a tutte le voci che arrivano dall’esterno. Si ricerca la propria identità, mentre gli altri ti dicono chi e cosa devi essere.
“E se non ho più niente da dirti
Come puoi capirmi?
Io non ci riesco”
Ed ecco che inizia l’incapacità di comunicare. L’incapacità di raggiungere il compromesso. Le prime fratture perché magari ci si è messi insieme in una fase della propria vita mentre si sta evolvendo.
“Se questa vita la dedico a te
Starò attento ad uscire la sera
E se incontro uno stronzo che ha in mano un coltello
Stavolta mi fermerei
Gli avrei spaccato il naso, sai
Ma ti vedo stasera
E non fai l’infermiera”
Qui si inizia a percepire una prima fase di presa di coscienza. Se da una parte vince ancora quella parte più irrazionale che sarebbe in grado di dare fuoco al mondo, proprio a causa dell’incoscienza dei vent’anni. Dall’altra parte inizia a vincere la razionalità e la premura che arriva quando al mondo non si è più soli. Lottare insieme vuol dire anche far evitare preoccupazioni inutili, in questo modo la propria salute viene messa davanti al resto perché si vuol vedere l’altra persona.
“Tu curami, curami, curami, curami sempre
Che il dolore non vuol dire necessariamente sangue
E che fa un freddo cane in questa stanza”
Ma da dove viene questa incoscienza e questa voglia di rischio? Qui un po’ ci viene fatto intuire: il dolore non vuol dire sempre sangue. Ci sono ferite ben più profonde di quelle che si possono ottenere scatenando una qualche rissa. Traumi che ci portiamo dentro, che il più delle volte non siamo neanche consci di possedere. Ci si sente soli e si affida all’altro la cura di quelle ferite, come se l’amore possa diventare il balsamo di cui necessitiamo.
“Una volta è gelosia
L’altra volta me lo merito
Tu che studi anatomia
Perché sai guardarti dentro
E hai pianto per me in cento bagni
Un bel gesto da incoerente
Che hai sempre paura dei ragni
Che non ti hanno mai fatto niente”
E se lui è quello incosciente delle coppia, nell’altra si riversano le speranze di salvezza. L’altra parte, più cosciente e più capace di capire chi è o chi non è, automaticamente riesce a colmare i vuoti dell’altro. Allo stesso tempo, però, in nome di quell’amore LEI non è in grado di prendersi cura delle proprie paure perché si abbandona ad esse. “Bel gesto incoerente” è una delle frasi più forti che possano esserci in questo testo, perché fin troppo spesso sopperiamo alle nostre paure, lasciandoci inconsciamente andare verso qualcosa che potrebbe ferirci più di quanto vogliamo ammettere.
Con “Ragni”, quindi, ci si muove tra sentimenti contrastanti: tra paura di soffrire e sofferenza vera e propria. Un ballo lento che si fa in due, tra coscienza e incoscienza, maturità e immaturità. Un piccolo dipinto di uno di quei primi amori tanto forti da distruggerti l’anima, esattamente come l’attacco di panico dovuto a una qualche tipo di fobia. Tananai mira alla nostra emotività, mettendo magari a nudo emozioni da lui stesso provate. Del resto, siamo parlando di emozioni che in un modo o nell’altro abbiamo un po’ tutti sotto pelle. Ferite, più o meno profondo, che non producono sangue, ma veri e propri squarci emotivi con cui si devono fare i conti.
Guarda il videoclip di “Ragni”