Venerdì 5 settembre a Los Angeles, in presenza di alcuni fortunati fan, i Linkin Park hanno presentato la nuova formazione, un nuovo singolo ed annunciato un nuovo album.
La band californiana ritorna sulla scena, come si vociferava già da tempo, con una voce femminile da affiancare a quella di Mike Shinoda. Emily Armstrong, già cantante della band rock-alternative Dead Sara, si unisce agli storici Mike, Joe, Phoenix e Brad (assente però all’evento). Sul palco con loro, il nuovo batterista, Colin Brittain, con anni di esperienza da produttore musicale.
A distanza di sette lunghi anni dalla scomparsa del frontman Chester Bennington, la notizia trova la fanbase del gruppo dividersi. C’è chi apprezza la voce di Emily Armstrong, e chi non può fare a meno di confrontare i due, non accettando che Chester venga “sostituito”.
Dalla mia prospettiva di fan fin da bambina, con il cuore che piange da quel 20 luglio 2017, non dobbiamo dimenticare che non siamo stati solo noi fan ad aver perso Chester. Sua moglie, Talinda, e i suoi figli hanno perso un marito ed un padre presente ed amorevole, Mike, Joe, Phoenix e Brad hanno perso l’amico di una vita e un compagno di band da quasi vent’anni. È impossibile sostituire il vuoto lasciato da una persona ed un artista come lui.
Emily Armstrong, infatti, non è un “rimpiazzo” di Chester. Emily segna un punto di svolta per Mike e compagni, una rinascita per la band, che porterà sempre nel cuore Bennington. Così come tutta la fanbase e tutti coloro che ascoltano il genere, che si siano avvicinati al nu metal con i loro pezzi, come me, o meno.
Mike Shinoda, in un’intervista con l’emittente americana KROQ, ha dichiarato: “Chester era una persona speciale ed aveva una voce speciale, e anche Emily è una persona speciale con una voce speciale. Non sta provando ad essere lui, sta provando ad essere se stessa“.
Per come la vedo io, l’arrivo di Emily nella band è un po’ come è stato l’arrivo di Adam Lambert per i Queen. Il grande, grandissimo Freddie Mercury non viene dimenticato né sostituito, bensì costituisce l’inizio di una nuova fase per la band.
Nuova fase che per i Linkin Park comincia con il singolo The Emptiness Machine, un nuovo album, From Zero, in uscita il 15 novembre di quest’anno, ed un tour. A fine settembre e a novembre suoneranno nella loro città natale, Los Angeles, poi a New York, Amburgo, Londra, Seoul e Bogotà.
Per quanto sia “strano” sentire un’altra voce che canta le canzoni dei Linkin Park, il background di Emily si sposa bene con quello della band. Venendo entrambi da musica alternative/rock/nu metal, . Anche il suo timbro, graffiato all’occorrenza, più caldo e delicato su canzoni più lente, confluisce bene con il rap ed il cantato di Mike Shinoda.
Il nuovo pezzo presentato ieri, The Emptiness Machine, non si distacca dallo stile classico dei Linkin Park. Anzi, potrebbe benissimo far parte di uno dei loro primi album.
In prima battuta, si potrebbe pensare che il testo parli di una relazione sentimentale tossica, soprattutto pensando alle “lame affilate con precisione” e all’utilizzo del “tu” nella prima strofa. Dal mio punto di vista, però, la chiave di lettura è differente. Lo “you” accusato di imporre il proprio punto di vista con violenza, pronto a sfoderare critiche taglienti, potrebbe essere una personificazione del mondo della musica. Con un focus in particolare sulla tossicità, la negatività e la cattiveria che purtroppo sono sempre presenti.
Le critiche sono quindi nascoste nel buio, a distanza, pronte come sempre a colpire e a far male al primo passo falso. C’è della rassegnazione sia nel cantare “just like you always do” che “I know exactly how it ends”. L’autore, militando nel mondo della musica da tutta la vita, conosce benissimo i meccanismi crudeli che spesso e volentieri vanno a verificarsi.
L’artista si espone, espone il suo cuore ed i suoi sentimenti più profondi, sperando di ricevere comprensione ed affetto, invece viene ferito. Per poter trovare il proprio posto in un mondo che diventa sempre più competitivo e spietato, spesso l’unica opzione è adeguarsi a ciò che vuole il pubblico – “gave up who I am for who you wanted me to be” – e credere nelle promesse che fanno gli attori del mondo della musica, che si rivelano però essere vuote e prive di fondamento.
Il ciclo di delusione continua nella seconda strofa, la prima cantata da Emily, e in cui si evince un elemento di lotta. Il “revolver”, la pistola, che ruota su sé stessa e spara, rappresenta l’artista che cerca di difendersi, di rompere questo “loop” di delusione e promesse che non vengono mantenute, nonostante conosca già come andrà a finire (“it’s been decided how we lose”). In queste frasi vedo anche l’immagine di un artista emergente, che sgomita per farsi notare, per ostrare la propria unicità, per “farcela”. Nonostante sappia consciamente che si tratta di un percorso in salita, che non necessariamente porta alla tanto agognata meta.
Con riferimento poi ai Linkin Park, queste ultime frasi possono riferirsi alle critiche che ha ricevuto la band dall’opinione pubblica, che siano fan o meno. A cominciare dalla morte di Chester ma soprattutto quando il web ha iniziato a popolarsi di rumors riguardo al futuro della band. Da chi voleva che la band “morisse” con il cantante, a chi professava che non era corretto riprendere a far musica mantenendo il nome Linkin Park, a chi criticava per partito preso la possibilità che la nuova voce fosse quella di una donna e non quella di un uomo. Qualsiasi scelta avrebbero fatto, avrebbero ricevuto critiche da ogni fronte. I vent’anni di carriera lo hanno più volte insegnato alla band californiana con le cattive maniere.
Il finale del pezzo, con “I only wanted to be part of something”, reitera il sentimento di voler trovare il proprio posto nel mondo della musica, nonostante tutte le difficoltà che ne comporta.
Ovviamente, Emily deve confrontarsi con la memoria di un gigante, quella di Chester Bennington. A giudicare da questo primo singolo, però, possiamo aspettarci un album molto interessante.